Le lesioni muscolari

La lesione muscolare, manifesta la sua gravità, in relazione alla capacità o meno, di essere riparata e riportata in funzione, il più vicino possibile alla caratteristica delle fibre muscolari.

Tratteremo in questo articolo, le lesioni muscolari e successivamente quelle  tendinee.

Un istruttore, deve conoscere le lesioni muscolari, sia per la prevenzione, che per la qualificazione, monitoraggio e cura.

La riparazione è strettamente regolata nella sua efficacia funzionale, dalla sede di lesione, profondità  e vastità e dalla capacità di interazione della fisioterapia erogata, con la spinta biologica, del soggetto, quindi anche legata alla età. 

La efficacia funzionale che è obbiettivo primario, e che sta a significare sostanzialmente di favorire una cicatrice di unione del lembi lesi che sia il più vicino in elasticità e scorrimento alle caratteristiche della fibra muscolare. Ina cicatrice, non intenzionata, crea un blocco di separazione elastica tra il pre e o post riparato, che favorisce ulteriore lesione. 

Le lesioni muscolari, vengono primariamente descritte in elongazione, distrazione,  stiramento e lesione di primo secondo e terzo grado.

In pratica, fino allo stiramento, abbiamo una integrità esterna delle fibre, con alterazione più o meno reversibile della anatomia e fisiologia interna alle fibre; come un elastico stirato che in un punto perde le caratteristiche di memoria elastica, ma non è ancora rotto, ma molto predisposto a rompersi.

Le lesioni, sono strappi, con interruzione delle fibre, e possono essere:

  1. lesioni di grado primo, dove su un numero x di fibre, ne abbiamo rotte un n Y, quindi come un elastico che è ancora intero, ma nel punto distratto ha fatto dei buchi;
  2. lesiono di grado secondo, dove i buchi nell’elastico citato al punto 1,  coprono una superficie maggiore dei punti di unione e si vede una sorta di tensione diversa in superficie
  3. lesioni di grado terzo, c’è interruzione di tutte le fibre in un punto ed esternamente si vede il buco. 

A onor del vero, la classificazione non è mai proprio così precisa, ma resta comunque molto indicativa di come procedere e incentivare la riparazione.

Voglio qui specificare meglio con un disegno, di cosa si parla:

Vediamo un muscolo schematizzato, abbiamo un punto di origine, e un punto di inserzione, il muscolo è come un palloncino allungato, dove al centro ha uno spessore più ampio, che si riduce verso origine e inserzione, ad un certo punto le fibre muscolari si continuano in una formazione connettivale riunita, che è il tendine. Il tendine è inserito nell’osso, e sopporta la trazione del muscolo in resistenza alla tensione applicata all’osso. 

La lesione muscolare, assume un livello di gravità anche in ragione di dove si manifesta. 

Il punto più delicato per la lesione è il passaggio muscolo tendineo, o dove il muscolo diventa tendine, perché:

lo spessore della struttura è piccolo, e l’evoluzione per una soluzione di continuo totale, è una evenienza temibile. Qui il chirurgo se vuole riparare, farà molta fatica, perché se nel connettivo tendineo i punti si ancorano, nelle fibre muscolari non tengono.  

Man mano che ci si sposta, la stessa lesione qualificata in un triangolo lesionale, incide sempre meno sull’intero diametro delle fibre.

Altro problema delle lesioni al passaggio muscolo tendineo, è la differenza di densità delle strutture, un tendine ha una consistenza e il muscolo ne ha un’altra, l’eventuale cicatrice, insiste tra due densità differenti e oltre che ha impegnare buona parte del diametro   di struttura, ha difficoltà a trasmettere la trazione muscolare sulla resistenza della leva ossea e va incontro a continue microslesioni, che esitano di nuovo in eventi riparativi cicatriziali.

La cicatrice ripartiva.

La riparazione della lesione, è strettamente dipendente dalla posizione sul muscolo, dalla profondità, dalla estensione, e dalla capacità del fisioterapista di far sostituire alle fibre lese un esito cicatriziale funzionale.

Il corpo umano, biologicamente produce il materiale di riparazione, ma non lo organizza, o meglio lo organizza secondo le esigenze. Se si mantiene perfettamente fermo il muscolo leso, l’esigenza sarà di colmare uno spazio alla bene meglio, come fosse “una cucchiaiata di colla “ .

Una cicatrice non intenzionata da terapia fisica e giusti allungamenti si presenta in forma stellata; o meglio; se sul buco, mettiamo una pezza, a forma di stella, questa solidarizza longitudinalmente, ma anche trasversalmente, impedendo lo scorrimento che ci sarebbe se le fibre fossero integre; sicchè avremmo, un blocco cicatriziale, che durante l’accorciamento e allungamento muscolare, traziona verso il centro di se stesso i bordi agganciati lateralmente. Questo rende inefficiente l’azione muscolare, e predispone a continue rotture. 

Cosa deve fare un istruttore? Può fare molto se conosce questi principi.

Compito di un istruttore 

  • Primariamente, deve saper riconoscere con sospetto, la lesione muscolare, fermare atleta, indicare una visita fisiatrica o ortopedica, far applicare ghiaccio per contenere lo stravaso
  • Il sospetto viene proprio;
  • quando, compare uno stravaso ematico, 
  • quando si vede una interruzione del profilo muscolare, 
  • quando vi è un vivo dolore su un punto.

Ottavo esercizio, flessione laterale del capo ad occhi aperti senza rotazione

Bisogna fare attenzione però, che in taluni casi, non si vede subito lo stravaso, e non si nota avallamento, ma c’è dolore e impotenza funzionale al movimento specifico

Questo avviene, quando la lesione muscolare è su strati profondi muscolari, non apprezzabili in superficie. Qui è subdola la situazione, perché non riconoscendo subito la lesione si creano 2 problemi sostanziali:

  1. non si cura la lesione, che può progredire in ampiezza;
  2. il sangue in profondità, essuda ed evolve in calcificazione,   minando l’integrità dei piani muscolari di scorrimento al di sopra.

A lesione accertata, e curata in fisioterapia, per la rimessa in attività dell’atleta, si dovrà fare riferimento a quanto sopra:

  • capire la profondità e la posizione della lesione
  • attuare un programma di allungo e contrazione graduale 
  • far effettuare la soggetto delle digito pressioni di scivolamento longitudinale molte volte al giorno

Buona forma di attività professionale è avere contatto diretto con il fisioterapista, in modi da capire i tempi e le terapie impostate per la guarigione. 

Obbiettivo è sempre e solo uno: far diventare funzionale la cicatrice, che è un blocco di connettivo, non attivo come le fibre muscolari, ma è solo un mezzo di giunzione. 

Prossimamente parleremo delle lesioni tendinee, e di come siano strettamente correlate al picco di massa ossea e alla condizione fisica del soggetto.

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Redatto e scritto da Giuliano Tomasotti - Fisioterapista 

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